Tuesday, 28 August 2007

Back to Europe

Giovedì parteciperò ad una conferenza sulle relazioni fra Europa e Stati uniti organizzata dall'Università di Dublino.

Ventotto ore non saranno sufficenti per apprezzare le meraviglie di Dublino né per capire i segreti di questa 'tigre celtica' (crescita media del pil intorno al 5-6% negli ultimi anni). Ma sono abbastanza per incontrare i nostri sostenitori alle primarie.

Monday, 27 August 2007

Niente di nuovo sotto il sole

La Russia ha proposto un ex governatore della Banca centrale ceca alla direzione del Fondo Monetario Internazionale per opporre il candidato unico dell'Ue, Dominique Strauss-Kahn.

Da un certo punto di vista, la mossa di Mosca ha un suo perchè. La procedura che tradizionalmente porta alla scelta dei vertici delle istituzioni finanziarie internazionali è oggettivamente insostenibile. Non è accettabile che gli Stati Uniti continuino ad avere il diritto esclusivo di nominare i vertici della Banca mondiale (anche e soprattutto dopo lo scandalo Wolfowitz) e l'Europa abbia diritto su quello del Fmi.

Ma è difficile non intravedere in questa iniziativa l'ennesima mossa di una partita che da ormai quasi due anni oppone, su innumerevoli fronti, l'Europa e la Russia.

Riguardo a quest'ultima, io continuo a vederla così e così.

Wednesday, 22 August 2007

La mela più grande

Dopo una breve tappa nel New Jersey, da domani la nostra campagna per le primarie del Partito democratico si sposta a New York. Per chi volesse incontrarci, l'email è FT@ifs.ku.dk.

Per quanto mi riguarda, comincerò con il pellegrinaggio alla United Nations Plaza.

Haleh Esfandiari è libera, pare

Le autorità iraniane hanno annunciato la liberazione di Haleh Esfandiari, un'analista del Woodrow Wilson International Center for Scholars, dopo centodieci giorni di prigionia.

Ho avuto modo di avvicinarmi a questo caso durante la mia collaborazione con il Wilson Center, una think-tank di Washington, quest'anno. Le motivazioni e la dinamica dell'arresto rimangono ancora piuttosto oscure e ad oggi non è ancora chiaro se la professoressa abbia effettivamente lasciato la famigerata prigione di Evin a Teheran e quando le sarà dato il permesso di lasciare il paese.

Ma a questo punto mi auguro vivamente di poter incontrare la dottoressa Esfandiari, libera, nel suo ufficio di Washington.

Tuesday, 21 August 2007

Scontro di fondamentalismi?

E' di oggi la notizia che il Ministro degli Esteri turco Abdullah Gül ha mancato nuovamente il quorum per essere eletto Presidente della Repubblica, ma è probabile che siamo finalmente giunti all'epilogo di questa saga tutta bizantina che va ormai avanti dallo scorso aprile.

Almeno a prima vista, la querelle sembra avere i contorni di quello che l'intellettuale anglo-pachistano Tariq Ali chiama 'clash of fundamentalisms': da un lato i militari, garanti ultimi della laicità dello stato e dell'eredità repubblicana di Ataturk; dall'altro il partito di ispirazione islamica AK (che letteralmente sta per Giustizia e Sviluppo) del primo ministro Erdogan e dello stesso Gül. Era stato proprio il fallimento ad eleggere Gül presidente e le successive pressioni dei militari lo scorso maggio a portare la Turchia ad elezioni anticipate, stravinte - strameritatamente, aggiungo io - dal partito AK. Ora Gül si ripresenta, forte del 47% dei voti ottenuti nelle elezioni di luglio, ed è possibile che ce la faccia al terzo se non addirittura al secondo scrutinio.

La mia idea è quello che si sta verificando in Turchia ha poco a che fare col fondamentalismo o col velo che copre la testa della signora Gül - il pomo della discordia nel dibattito locale. Negli ultimi cinque anni, Erdogan ha ampiamente dimostrato di aver accantonato i suoi trascorsi islamici a favore di un riformismo pragmatico e determinato che non ha precedenti nella Turchia moderna e che ha portato il Paese ad ottenere la tanto agognata - quanto contestata - candidatura all'Unione europea. Il successo del partito AK sta lì a dimostrare che per mantenere la democrazia in Turchia non è (più) necessario il freno a mano dei militari e che progresso democratico ed Islam non sono due realtà antitetiche.

La candidatuta di Gül si inserisce in questo contesto ed è fondamentale che le ultime tappe di questa saga presidenziale si svolgano senza ulteriori ingerenze da parte dei generali. E' in gioco la credibilità e la stabilità di un paese che, ci piaccia o no, è sempre più vicino all'Europa.

Saturday, 18 August 2007

Perchè sto con Mario

In teoria, le primarie del Partito democratico—quello italiano, tanto per essere chiari—sono un’innovazione interessante e per certi versi coraggiosa. Per come si sta svolgendo la campagna, però, queste elezioni rischiano di assomigliare ad un gran premio di Formula 1 corso tutto con la safety car davanti: si sa quali sono le squadre più forti, ma si sa anche chi arriverà primo, secondo e terzo.

Per come la vedo io, queste primarie non sono solo un esercizio più o meno utile di democrazia diretta, ma rappresentano un’opportunità. L’opportunità di riconciliare due anime che hanno da sempre definito, e troppo spesso logorato, la vita politica italiana. L’opportunità di influire sulle priorità e la direzione di quello che sarà il primo partito italiano. E l’opportunità di dare un significato più credibile ad una delle parole più abusate del vocabolario politico: 'pluralismo.'

Per questo ho deciso di sostenere la campagna di Mario Adinolfi a segretario nazionale del Pd.

Quella di Mario non è né una mobilitazione anti-establishment, né la battaglia di Davide contro Golia, né un manifesto di e per i 'giovani'. O meglio: la sua campagna—che ormai da diverse settimane non è fortunatamente più solo la sua—è forse tutto questo ma è anche e soprattutto una sfida determinata con un messaggio provocatorio quanto ineccepibile: contrastare quello che lui chiama il ‘genocidio politico generazionale.'

Come? Ridefinendo il sistema pensionistico il maniera più sostenibile; rilanciando gli investimenti per la ricerca; riformando il sistema creditizio, fra l'altro. Chi, come me, ha scelto di abitare in un altro paese europeo avrà forse avuto modo di apprezzare che questo tipo di riforme sono il minimo indispensabile per dare una speranza a questa Europa terrorizzata dalla globalizzazione.

E chi, come me, ha scelto di abitare in un altro paese europeo sa anche che l'Europa è sì Erasmus, Ryanair e passaporti sepolti nel cassetto, ma è anche molto molto di più, nel bene e nel male. E magari vuole contribuire, arricchire e restituire all'Italia ciò che ha visto, vissuto ed imparato.

Secondo me, è un'opportunità che non possiamo permetterci di sprecare. E neanche secondo Mario.

Thursday, 16 August 2007

The Ground Truth

Eviterò, per ora, litanie sull'Iraq; ho l'impressione che, stando qui, alla fine mi uscirà dalle orecchie. Stasera, però, non posso non fare un riferimento in passim. Abbiamo infatti appena partecipato alla proiezione, piuttosto underground, di The Ground Truth, un film-documentario cum dibattito sui veterani della guerra in Iraq.

Che la cosa fosse underground non è un gioco di parole col titolo del film. La manifestazione è stata effettivamente organizzata da una specie di centro sociale nei locali di una comunità cristiana (in Europa sarebbe un paradosso, ma tant'è). Gli organizzatori sono un gruppo di pressione chiamato Iraq Veterans Against the War (IVAW) e il dibattito è stato moderato ed animato da uno dei veterani.

Il documentario è toccante. Farò forse un complimento esagerato al regista, ma in alcuni passi mi ricordava Full Metal Jacket di Stanley Kubrick. Il tono è un j'accuse indiretto ma efficacissimo, impastato nei singhiozzi di questi ventenni menomati, fisicamente e psicologicamente. Film duro, ma da vedere.

Tuesday, 14 August 2007

E pluribus unum

Tradotto liberamente, il motto in latino del governo degli Stati Uniti è davvero 'melting pot'. Ed il primo impatto con Adams Morgan, il quartiere di Washington dove ho trovato casa, conferma molti degli luoghi comuni sulla molteplicità dell’America.

Il comitato di zona ci tiene a sottolineare che la zona sia 'residenziale'. Quello che vedo io è un allegro carnevale di afro-americani, italiani ed ispanici, moltissimi ispanici. Per qualche no-global, vedere la capitale dell'impero tappezzata di cartelli stradali e poster pubblicitari di McDonald's scritti interamente in spagnolo dev’essere l’ottava meraviglia del mondo. La realtà mi sembra molto più complessa, ma staremo a vedere.

Nel frattempo, con il Congresso, l’enorme macchina mediatica e le lobbies in ferie, il mio primo assaggio di politica americana in queste torride giornate agostane é avvenuto per strada ed è stato tanto curioso quanto rivelatore.

Nei pressi del centro, una signora minuscola mi avvicina e mi mette sotto il naso un blocco: è una petizione per chiedere l’impeachment di Dick Cheney. La teoria della rimossione forzata del vice-presidente non è poi così strampalata. Ne ha parlato di recente anche l’Economist: se si dovesse chiedere l’impeachment di Bush, il burattinaio Cheney diverrebbe automaticamente presidente. Tanto vale, allora, tentare di rimuovere direttamente il vice.

Detto questo, sia i tempi che le modalità della campagna mi lasciano perplesso. A fugare i miei dubbi interviene un giovane passante che mi intima di non dare retta agli psicopatici. La risposta della signora è perentoria: "firma qui, firma qui, che quel tizio si fa di anfetamine". Molto anni settanta, le anfetamine, signora. Magari ripasso.