Saturday 22 November 2008

Il G-19

Mega-raduno della confindustria danese l'altro giorno a Copenaghen, con ospite d'onore Joschka Fischer, il caustico ex-ministro degli esteri tedesco. Fischer comincia il suo discorso sul futuro dell'Europa descrivendo la foto della cena del G-20 riunito a Washington per la crisi finanziaria.

E' una questione di protocollo, ha notato, che l'ospite Bush si sieda al centro, e in maniera piuttosto gerarchica a fianco a lui si siedano via via presidenti, poi i primi ministri, e via dicendo. L'aspetto curioso e abbastanza rivelatore della forza europea, ha poi notato Fischer,
è che tutti i leader europei, a partire da Sarkozy, poi Brown, poi Merkel, poi Barroso, erano relegati agli angoli del tavolo. Tre secondi di pausa. Ah, si ! C'era anche il "nostro amico Berlusconi" all'angoletto, aggiunge, nella battuta che ha preceduto l'unica risata grassa collettiva degli settecento ingessatissimi industriali danesi.

Avrei tanta voglia
ogni tanto di dire che ognuno farebbe bene a guardarsi gli affari di casa propria invece di criticare. Ma quando l'onore dello sberleffo collettivo è riservato sempre e solo a noi italiani, a me quella voglia è passata da tempo.

Sunday 2 November 2008

It really is time

Un po' per scelta, un po' per una cronica allergia all'hi-tech, ci ho messo più di un anno a caricare la prima foto su questo blog. L'occasione mi sembra di quelle che meritano.

Mi
è capitato diverse volte di parlare qui delle elezioni americane. All'inizio ero li', poi l'ho vista da qui, poi ero di nuovo lì. Mi è capitato di spendere qualche parola per John McCain, un politico che ha un track-record di indipendenza invidiabile e di cui qualsiasi democrazia non potrebbe che giovarsi. Ho scritto dei vari primari e comprimari (da Joe Biden a Hillary e Bill Clinton) che in un modo o nell'altro hanno animato quell'enorme circo che sono le elezioni americane.

Più di tutto, ovviamente, ho cercato di capire e di spiegarmi la campagna di Barack Obama. Fiumi di inchiostro sono stati spesi sulla questione, e altrettanti ne saranno spesi dopo il 4 novembre, comunque vada.

Se alla fine dovessi sintetizzare in una frase quali sono le qualità del candidato democratico che mi avrebbero portato a votarlo, direi la sua capacità di ascolto. Facile, mi si dirà, parlare di 'Hope' e 'Change' quando non si ha niente da perdere, come era il suo caso all'inizio. Facile dimostrarsi calmo e posato in situazioni di crisi come la Georgia o Wall Street quando si è in vantaggio. Facile dimostrarsi "presidenziale" quando si ha carisma ed eccellenti doti retoriche.

Premesso che non credo che niente di tutto questo sia facile, quello che ho cercato di intuire è stata l'abilità o meno di Obama di imparare in tutti quei settori nei quali il Senatore dell'Illinois non ha alcuna esperienza esecutiva: dalla politica estera all'economia.

L'impressione che ne ho tratto
è stata di un candidato consapevole dei propri limiti ("i will not be a perfect president" ripete fino alla noia nei comizi) ma equilibrato nel circondarsi di persone preparate (soprattutto il team economico) e di scaricare quelli che per un motivo o per un altro si sono rivelati inadeguati (il rev. Wright, o Samantha Power in politica estera).

In un lavoro impossibile come quello di Presidente degli Stati Uniti la capicit
à di tenere occhi e orecchie aperte a chi ti sta intorno mi sembra una qualità fondamentale e, for what it's worth come dicono da quelle parti, credo che Obama ce l'abbia. Per me è più che sufficente per farne il candidato migliore per quel lavoro impossibile.