Queste primarie americane, finora, mi hanno regalato almeno due sorprese. La prima sorpresa, positiva e di cui non finisco di meravigliarmi, è la passione che fior di colleghi a Washington dimostrano nel fare la campagna porta-a-porta nei vari stati come volontari qualsiasi. Evito paragoni scontati ed ingenerosi.
La seconda, negativa e più evidente nelle ultime settimane, è la tattica dei Clinton. Sono sempre stato un grande ammiratore di Bill Clinton. Ma mi lasciano perplesso i suoi pesanti attacchi ad Obama (che avrebbe probabilmente sostenuto se la moglie non si fosse candidata), seguiti a stretto giro di posta dalle dichiarazioni di Hillary nel ruolo di mediatrice moderata.
Per Obama sta diventando sempre più difficile smarcarsi. Ma sono sempre più convinto che se c’è un candidato che può scardinare la tirannia del 'white protestant male' nella politica americana, quel candidato è proprio lui.
E se anche alla fine non lo fosse, in questi giorni cupi della democrazia italiana, è consolante sapere che da qualche parte esiste una politica che sorprende, coinvolge ed ispira.
Sunday, 27 January 2008
Friday, 25 January 2008
Eulogy
Nell'autunno 1998, stavo studiando uno specifico capitolo sul manuale di diritto pubblico. Ricordo come fosse oggi che mi scervellai a cercare nella nostra storia repubblicana quella procedura che sembrava a me così logica. Lo sconforto della 'parlamentarizzazione' della crisi del primo governo Prodi fu mitigato solo da quella inaspettata coincidenza fra le auliche formule previste dall'ordinamento e le scalcinate prassi del nostro parlamento.
Giovedì scorso, non c'è stato niente di simile. Come avevo detto ad un settimanale americano all'indomani della vittoria del 2006, sono sempre stato piuttosto fiducioso che l'idea di imbrigliare le forze più rissose della coalizione in posizioni di governo sarebbe stata sufficente a portare a casa la legislatura. Forse ci presi su Rifondazione comunista, ma non su quell'onesto politico meridionale' (copyright Gianfranco Rotondi), che cita un'inesistente poesia di Neruda per motivare il suo voto contrario. E forse era quella stessa fiducia che ha animato l'ottimismo di Romano Prodi in questi 20 mesi di governo.
In qualche modo mi ci identifico, così come non posso non ammirare la sua scelta di presentarsi giovedì al Senato, ben consapevole dell'inevitabile. Quella che molti hanno definito "tigna", per Romano Prodi è un "concetto di democrazia ." In fondo, è lo stesso concetto che cercavo in quel manuale di diritto pubblico e, per quanto mi riguarda, merita rispetto.
Giovedì scorso, non c'è stato niente di simile. Come avevo detto ad un settimanale americano all'indomani della vittoria del 2006, sono sempre stato piuttosto fiducioso che l'idea di imbrigliare le forze più rissose della coalizione in posizioni di governo sarebbe stata sufficente a portare a casa la legislatura. Forse ci presi su Rifondazione comunista, ma non su quell'onesto politico meridionale' (copyright Gianfranco Rotondi), che cita un'inesistente poesia di Neruda per motivare il suo voto contrario. E forse era quella stessa fiducia che ha animato l'ottimismo di Romano Prodi in questi 20 mesi di governo.
In qualche modo mi ci identifico, così come non posso non ammirare la sua scelta di presentarsi giovedì al Senato, ben consapevole dell'inevitabile. Quella che molti hanno definito "tigna", per Romano Prodi è un "concetto di democrazia ." In fondo, è lo stesso concetto che cercavo in quel manuale di diritto pubblico e, per quanto mi riguarda, merita rispetto.
Monday, 21 January 2008
I presidenti
Due storie di elezioni presidenziali, due storie di una democrazia che si allontana.
La prima riguarda Mikhail Saakashvili, l'eroe della 'rivoluzione delle rose' in Georgia nel 2003, che ha ieri inaugurato il suo secondo mandato alla presidenza a Tbilisi (alla presenza del ministro degli esteri russo Lavrov, tanto per gradire). Il primo quadriennio di Saakashvili è stato minato da un processo di riforme mai veramente avviato e da un'involuzione autocratica piuttosto preoccupante. Saakashvili è giovane e ambizioso, attributi utili, ma anche pericolosi in un paese dalla tradizione democratica così debole come la Georgia.
La seconda vicenda riguarda le presidenziali in Serbia, sempre ieri, che hanno visto l'ultranazionalista Tomislav Nikolic superare il presidente in carica, l'europeista Tadic. Per il risultato finale si dovrà aspettare il secondo turno in febbraio, ma la campagna si svolgerà in un clima reso rovente dalla controversia kosovara e dalle discutibili manovre del gigante energetico russo Gazprom. Il futuro democratico della Serbia non è morto, ma che non si senta tanto bene è un eufemismo.
PS, off topic: mi è stato chiesto di fare il testimonial per la mia università, esperienza piuttosto divertente. Finisco quello che ho cominciato e informo chi fosse per caso interessato a lavorare da queste parti che è stato appena aperto questo sito.
PPS ri-off topic: Ottimo corsivo sull'Italia nel FT di oggi, nel quale Martin Rhodes si districa brillantemente fra l''immobilismo', il 'trasformismo' e la 'stratificazione' della realtà politica italiana. Vale un paio di riletture.
La prima riguarda Mikhail Saakashvili, l'eroe della 'rivoluzione delle rose' in Georgia nel 2003, che ha ieri inaugurato il suo secondo mandato alla presidenza a Tbilisi (alla presenza del ministro degli esteri russo Lavrov, tanto per gradire). Il primo quadriennio di Saakashvili è stato minato da un processo di riforme mai veramente avviato e da un'involuzione autocratica piuttosto preoccupante. Saakashvili è giovane e ambizioso, attributi utili, ma anche pericolosi in un paese dalla tradizione democratica così debole come la Georgia.
La seconda vicenda riguarda le presidenziali in Serbia, sempre ieri, che hanno visto l'ultranazionalista Tomislav Nikolic superare il presidente in carica, l'europeista Tadic. Per il risultato finale si dovrà aspettare il secondo turno in febbraio, ma la campagna si svolgerà in un clima reso rovente dalla controversia kosovara e dalle discutibili manovre del gigante energetico russo Gazprom. Il futuro democratico della Serbia non è morto, ma che non si senta tanto bene è un eufemismo.
PS, off topic: mi è stato chiesto di fare il testimonial per la mia università, esperienza piuttosto divertente. Finisco quello che ho cominciato e informo chi fosse per caso interessato a lavorare da queste parti che è stato appena aperto questo sito.
PPS ri-off topic: Ottimo corsivo sull'Italia nel FT di oggi, nel quale Martin Rhodes si districa brillantemente fra l''immobilismo', il 'trasformismo' e la 'stratificazione' della realtà politica italiana. Vale un paio di riletture.
Monday, 14 January 2008
L'Iowa, il New Hampshire e la politica ubriaca
Periodo di pausa forzata dal blog dedicata prevalentemente a viaggi, estenuanti trattative e immersione politica. Sorvolo sui viaggi, che tanto ricapitano. E ritornerò probabilmente sull'estenuante trattativa, ora felicemente conclusa, che ha riguardato l'aspetto contrattuale del mio libro.
Un breve appunto invece la lascio sull'immersione politica, che ha riguardato ovviamente le primarie americane. Ciò che mi lascia piuttosto perplesso, aldilà del circo mediatico e delle toppe dei sondaggi, è la cura maniacale dei dettagli di forma da parte della gran parte dei candidati. In America è così da decenni, ma questa volta mi sono sorbito il pianto di Hillary e le bordate calcolate di Huckabee nella bolla di Washington, che rende il tutto quasi nauseante.
Certo è, che anche da questo punto di vista, Obama continua a sembrarmi il candidato più credibile. La sostanza rimarrà anche, talvolta, approssimativa. Ma per coerenza e carisma, Obama convince (e quasi commuove, vedere il suo discorso in Iowa per credere).
E, per inciso, per quanto teatrale possa essere la campagna americana, siamo sempre anni luce dai ruspanti "utile idiota" e "ubriaco" che si scambiarono Berlusconi e Prodi sotto l'occhio vigile di Vespa nel 2006.
Un breve appunto invece la lascio sull'immersione politica, che ha riguardato ovviamente le primarie americane. Ciò che mi lascia piuttosto perplesso, aldilà del circo mediatico e delle toppe dei sondaggi, è la cura maniacale dei dettagli di forma da parte della gran parte dei candidati. In America è così da decenni, ma questa volta mi sono sorbito il pianto di Hillary e le bordate calcolate di Huckabee nella bolla di Washington, che rende il tutto quasi nauseante.
Certo è, che anche da questo punto di vista, Obama continua a sembrarmi il candidato più credibile. La sostanza rimarrà anche, talvolta, approssimativa. Ma per coerenza e carisma, Obama convince (e quasi commuove, vedere il suo discorso in Iowa per credere).
E, per inciso, per quanto teatrale possa essere la campagna americana, siamo sempre anni luce dai ruspanti "utile idiota" e "ubriaco" che si scambiarono Berlusconi e Prodi sotto l'occhio vigile di Vespa nel 2006.
Wednesday, 2 January 2008
La tattica e la non-crisi
Una prestigiosa rivista ha commissionato ad un collega americano un articolo sull'Italia. Da quanto ho sentito, sono convinto che ne uscirà un gran bel pezzo. Però il collega ha avuto la modestia di chiedermi un commento su come, secondo me, va il Sistema Italia di questi tempi.
Tema potenzialmente infinito, specialmente perchè in Italia ci sono 55 milioni di ct della nazionale e 55 milioni di presidenti del consiglio. Ma nel filtrare dozzine di questioni che mi passavano per la testa, alla fine me ne sono uscito con due commenti.
Il primo è che in Italia la tattica conta sempre più della strategia. Specialmente in politica, la paralisi fa si che l'evoluzione del Paese proceda, quando procede, nel breve termine e raramente nel lungo. La politica che non offre una visione di se stessa nel lungo termine è destinata a rimanere la vittima dei suoi stessi meccanismi. E il 'grillismo' ne è una conferma.
Il secondo commento segue dal primo, e riprende una tesi che l'Economist propose un paio di anni fa. Ovvero, l'Italia non ha avuto una vera crisi. L'instabilità cronica dell'esecutivo non c'entra in questo caso, così come non c'entra la crescita stentata dell'economia. Il punto è che, anche nelle fasi più buie di Tangentopoli, raramente si è diffusa nel Paese la percezione di aver raggiunto il fondo, quello dal quale si può risalire solo se ci si rifonda completamente.
Per tutti i suoi limiti, mi viene in mente a questo proposito l'esempio di Gerhard Schroeder e della sua Agenda 2010 del 2003. Per quanto quel pacchetto di riforme fosse, in grossa parte, un prodotto bipartisan (la CDU controllava la Camera alta), Schroeder ci mise fondamentalmente la faccia, fu costretto ad indire elezioni anticipate nel 2005 e le perse. Si può non condividere la sostanza di quelle riforme e non si può dire che Schroeder non fosse anche un grande tattico. Però è questo tipo di visione a lungo termine, soprattutto quando le difficoltà non sembrano delle emergenze, che legittima la politica e ne preserva la credibilità.
Tema potenzialmente infinito, specialmente perchè in Italia ci sono 55 milioni di ct della nazionale e 55 milioni di presidenti del consiglio. Ma nel filtrare dozzine di questioni che mi passavano per la testa, alla fine me ne sono uscito con due commenti.
Il primo è che in Italia la tattica conta sempre più della strategia. Specialmente in politica, la paralisi fa si che l'evoluzione del Paese proceda, quando procede, nel breve termine e raramente nel lungo. La politica che non offre una visione di se stessa nel lungo termine è destinata a rimanere la vittima dei suoi stessi meccanismi. E il 'grillismo' ne è una conferma.
Il secondo commento segue dal primo, e riprende una tesi che l'Economist propose un paio di anni fa. Ovvero, l'Italia non ha avuto una vera crisi. L'instabilità cronica dell'esecutivo non c'entra in questo caso, così come non c'entra la crescita stentata dell'economia. Il punto è che, anche nelle fasi più buie di Tangentopoli, raramente si è diffusa nel Paese la percezione di aver raggiunto il fondo, quello dal quale si può risalire solo se ci si rifonda completamente.
Per tutti i suoi limiti, mi viene in mente a questo proposito l'esempio di Gerhard Schroeder e della sua Agenda 2010 del 2003. Per quanto quel pacchetto di riforme fosse, in grossa parte, un prodotto bipartisan (la CDU controllava la Camera alta), Schroeder ci mise fondamentalmente la faccia, fu costretto ad indire elezioni anticipate nel 2005 e le perse. Si può non condividere la sostanza di quelle riforme e non si può dire che Schroeder non fosse anche un grande tattico. Però è questo tipo di visione a lungo termine, soprattutto quando le difficoltà non sembrano delle emergenze, che legittima la politica e ne preserva la credibilità.
Tuesday, 1 January 2008
Come si parte in terza?
Giusto per dare un minimo di continuità editoriale a questo blog, riparto da un altro film. Little Miss Sunshine parla di una famiglia scalcinata che attraversa l'America a bordo di un vecchio furgoncino Volkswagen. Per qualche strano motivo, del furgone funzionano solo la terza e la quarta marcia, una circostanza che porta la famiglia a cominciare ogni nuova tappa del viaggio in corsa.
Fortunatamente non guido furgoni e le tappe, per ora, sembrano tutte abbastanza chiare sul calendario. Ma mi aspetta un inizio di anno metaforicamente molto simile a quelle partenze in corsa.
Fortunatamente non guido furgoni e le tappe, per ora, sembrano tutte abbastanza chiare sul calendario. Ma mi aspetta un inizio di anno metaforicamente molto simile a quelle partenze in corsa.
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