Una prestigiosa rivista ha commissionato ad un collega americano un articolo sull'Italia. Da quanto ho sentito, sono convinto che ne uscirà un gran bel pezzo. Però il collega ha avuto la modestia di chiedermi un commento su come, secondo me, va il Sistema Italia di questi tempi.
Tema potenzialmente infinito, specialmente perchè in Italia ci sono 55 milioni di ct della nazionale e 55 milioni di presidenti del consiglio. Ma nel filtrare dozzine di questioni che mi passavano per la testa, alla fine me ne sono uscito con due commenti.
Il primo è che in Italia la tattica conta sempre più della strategia. Specialmente in politica, la paralisi fa si che l'evoluzione del Paese proceda, quando procede, nel breve termine e raramente nel lungo. La politica che non offre una visione di se stessa nel lungo termine è destinata a rimanere la vittima dei suoi stessi meccanismi. E il 'grillismo' ne è una conferma.
Il secondo commento segue dal primo, e riprende una tesi che l'Economist propose un paio di anni fa. Ovvero, l'Italia non ha avuto una vera crisi. L'instabilità cronica dell'esecutivo non c'entra in questo caso, così come non c'entra la crescita stentata dell'economia. Il punto è che, anche nelle fasi più buie di Tangentopoli, raramente si è diffusa nel Paese la percezione di aver raggiunto il fondo, quello dal quale si può risalire solo se ci si rifonda completamente.
Per tutti i suoi limiti, mi viene in mente a questo proposito l'esempio di Gerhard Schroeder e della sua Agenda 2010 del 2003. Per quanto quel pacchetto di riforme fosse, in grossa parte, un prodotto bipartisan (la CDU controllava la Camera alta), Schroeder ci mise fondamentalmente la faccia, fu costretto ad indire elezioni anticipate nel 2005 e le perse. Si può non condividere la sostanza di quelle riforme e non si può dire che Schroeder non fosse anche un grande tattico. Però è questo tipo di visione a lungo termine, soprattutto quando le difficoltà non sembrano delle emergenze, che legittima la politica e ne preserva la credibilità.