Un mese di iscrizione e 120 "amici" dopo, mi sento di fare un paio di considerazioni su Facebook.
La prima e' sulla democratizzazione della comunicazione. Se il passaggio dal web 1.0 al 2.0 e' stato caratterizzato da un'apertura del mezzo verso il basso, qui c'e' chiaramente un'ulteriore "orizzontalizzazione". Anche chi non ha molto da scrivere, anche chi non vuole scrivere molto, puo' dire parecchio.
La seconda osservazione e' sulla relativita' del mezzo. La schermata dei cosidetti feeds degli "amici" e' l'esempio lampante che fb sa essere assai dispersivo, e probabilmente la dispersione e' anche uno dei suoi obiettivi. La questione, per lo meno per me, e' che non tutto e' "relativo." Io francamente non mi sento a mio agio a liquidare con un colpo di mouse sul tasto "join cause" questioni sociali o politiche che ritengo serie. Quel che e' peggio, e qui probabilmente pecco di miopia, non ne riesco a vedere l'utilita'.
La terza considerazione e', well, sull'"amicizia". Chi mi conosce sa che non sono esattamente un fan sfegatato di Benedetto XVI. Quando pero' ho ascoltato l'altro giorno sull'autobus dei ragazzini poco piu' che decenni misurarsi a botte di centinaia su chi avesse piu' "amici" su facebook, mi sono domandato se per una volta Ratzinger non avesse qualche ragione a raccomandare prudenza riguardo i social network.
La mia personale sperimentazione non e' ancora finita--e mi auguro che l'onda di fb continui se non altro per trarne qualche considerazione piu' appronfondita. L'ultima volta, quando esplose "Second Life", non feci in tempo a vincere la mia leggendaria pigrizia informatica che il fenomeno si era gia' sgonfiato.