Wednesday, 14 January 2009
Il tabu' Hamas
La richiesta, per inciso, non fa altro che legittimare quanto in realta' Hamas conti negli equilibri mediorientali. Autorevoli osservatori si sono da tempo sgolati a dire che non si puo' prescindere dal cercare il dialogo con Hamas. Questo non significa assecondarne i metodi o le richieste, e non significa nemmeno che il dialogo debba essere sbandierato ai quattro venti. Significa finirla con questa sceneggiata secondo la quale di (ed ad) un'organizzazione terrorista non si debba nemmeno parlare.
Wednesday, 7 January 2009
History repeating
L’Europa e la questione russa
Di Fabrizio Tassinari (*)
Le aspirazioni di politica estera ed alcuni degli interessi vitali dell’Unione Europea (Ue) sono stati di recente scossi dalla questione, spinosa e al contempo sottovalutata, delle relazioni con
L’evento scatenante è stata la contesa sorta fra Mosca e l’Ucraina sul prezzo del gas esportato dal gigante russo Gazprom e sul susseguente blocco, durante i primi giorni di gennaio, dell’approvvigionamento di metano, buona parte del quale attraversa l’Ucraina per raggiungere l’Europa.
Sebbene in apparenza distante e marginale, questa controversia affonda le sue radici in un contesto ben più complesso e rilevante per il futuro dell’Europa.
Innanzitutto, la querelle russo-ucraina ripropone prepotentemente il problema della dipendenza energetica europea. L’Ue attualmente importa circa il 50% del proprio fabbisogno energetico da fornitori esterni, quali
Il sillogismo che emerge da queste cifre è piuttosto elementare: l’economia dell’Ue è fortemente legata all’importazione di gas e petrolio. Gli idrocarburi provengono da paesi notoriamente instabili. Ergo, le ambizioni economiche dell’Ue sono condizionate dai precari equilibri politici che caratterizzano i suoi fornitori energetici.
Negli ultimi anni, l’Ue si è cullata all’idea di aver trovato nella Russia di Vladimir Putin una controparte pragmatica e credibile nel settore energetico. Dopo gli ultimi sviluppi, che includono anche misteriose esplosioni ai gasdotti meridionali che raggiungono
La seconda conseguenza della cosiddetta ‘guerra del gas’ è di natura più squisitamente geo-politica. Il nuovo corso filo-occidentale inaugurato un anno fa in Ucraina dalla pacifica ‘rivoluzione arancione’, così come l’analoga ‘rivoluzione delle rose’ in Georgia, non solo un sintomo del progressivo sgretolamento del sistema di alleanze post-sovietico. Rappresentano anche e soprattutto un anelito di democrazia e libertà che si richiama esplicitamente agli ideali del 1989.
Al di là di solenni dichiarazioni d’intenti, però, l’Europa non ha risposto a queste aspirazioni di cambiamento con un segnale chiaro ed inequivocabile. Bruxelles, preoccupata dalle ripercussioni interne dello storico allargamento del 2004, si è limitata ad includere questi paesi nella sua nuova Politica Europea di Vicinato, nella quale l’Unione non si assume alcun impegno in merito ad una loro futura prospettiva di adesione. Di conseguenza, le pressioni del Cremino acquistano nuova linfa, di cui questo ricatto energetico costituisce una prova evidente.
Una terza riflessione dev’essere necessariamente rivolta al complesso delle relazioni euro-russe. L’Unione Europea e
La realtà sul campo, purtroppo, scredita entrambi le interpretazioni. Da un lato, la strategia russa verso l’Unione Europea appare guidata una sorta di divide et impera. Mosca coltiva relazioni privilegiate con quei paesi membri, in particolare
La strategia dell’Ue verso
La conclusione che si deve trarre dall’episodio di Capodanno è dunque tanto ovvia quanto preoccupante: l’ambiguità dell’Ue riguardo alla Russia si traduce in un immobilismo che non giova né agli interessi vitali dell’Unione, né all’immagine di se stessa che l’Europa intende proiettare al di fuori dei propri confini.
Saturday, 3 January 2009
Huntington & Hamas
Li' teorizzava l'ascesa di fattori culturali e religiosi in sostituzione dell'ideologia come elementi chiave nella definizione dell'ordine internazionale. La teoria fu popolare da subito ma e' stata ripresa, piuttosto arbitrariamente, dopo l'11 settembre per spiegare l'ascesa del terrorismo internazionale (in un modo che Huntington generalmente ripudiava).
The Clash of Civilizations ha fornito sicuramente un ottimo strumento a quanti volessero spiegare la radicalizzazione dell'Islam politico nel Medio Oriente e l'ascesa di movimenti come Hamas in Palestina ed Hezbollah in Libano. E fornisce sicuramente un'ottima spiegazione a quanti cerchino di giustificare l'attacco di Israele o la "resistenza" di Hamas di queste ore.
Il conflitto arabo-israeliano e' troppo complesso per consentire di prendere una parte o l'altra in modo aprioristico. Non si puo' non constatare la "sproporzione" dell'attacco israeliano (con ovvie motivazioni di politica interna a fomentarlo), cosi' come non si possa minimizzare il fatto che Gaza sia di fatto un "failed state" prima ancora di diventare stato.
In questo senso, c'e' una parte meno nota del lavoro di Huntington che a mio parere da una spiegazione accurata anche se pessimistica degli eventi di queste ore. Nel libro The Third Wave, Huntington spiegava la "transizione" verso la democrazia dopo la fine della guerra fredda e come paesi che si allontanassero dalla dittatura fossero gradualmente diretti verso la democrazia.
Ecco, questo principio ha ispirato una delle pochissime prese di posizione della comunita' internazionale nei confronti dell'Autorita' Palestinese negli ultimi anni: favorire le elezioni in modo che queste rafforzassero la democrazia nei Territori. Le elezioni hanno prodotto la vittoria di Hamas, la radicalizzazione del confronto politico nei Territori prima ancora che con Israele e la sconfitta politica e morale del presidente palestinese Abbas.
Il mondo arabo ed i territori in particolare non sono "in transizione" verso nessun posto. Non verso la democrazia e sicuramente non verso la pace.