Non è deprecabile, ma non era neanche particolarmente auspicabile. Non è illegittimo, ma non è formalmente legale. Oggi il Kosovo si auto-proclama indipendente ed era semplicemente inevitabile.
L’indipendenza non è deprecabile ed è legittima per ragioni di storia recente. I kosovari hanno sofferto e hanno pagato. Hanno vissuto sotto l’egida dell’Onu per 9 anni (qualcosa che, mi dicono, non si augura a nessuno) con la promessa (risoluzione 1244) che il loro status giuridico e politico sarebbe stato prima o poi chiarificato. La comunità internazionale ha provato per mesi a ‘chiarificare’, e alla fine adotterà in pratica quella soluzione di “indipendenza supervisionata” proposta in teoria dall’ex presidente finlandese Ahtisaari.
Il problema, com’è noto, è che i russi si sono impuntati a New York e che la soluzione non è stata benedetta dal Consiglio di sicurezza. Ergo, è formalmente illegale e non particolarmente auspicabile. Peggio ancora, gli americani sono ardentemente a favore dell’indipendenza mentre gli europei saranno, nuovamente, divisi ed alcuni stati come Cipro e la Romania non riconosceranno il Kosovo.
La Serbia e la Russia non staranno a guardare. Belgrado imporrà sanzioni economiche al neonato stato e chiuderà il confine a nord. La Russia non perderà occasione per rinfacciare la vicenda kosovara in altri contesti, anche se dubito che spingerà per l’indipendenza dell’Abkhazia, della Transniestria, o dell’Ossezia meridionale. Mosca può parlare minacciosamente di un ‘precedente’ kosovaro fino a sfiatarsi, ma l’indipendenza di queste altre pseudo-entità semplicemente non le converrebbe.
Quel che è inevitabile è che oggi si apre un nuovo impegnativo capitolo nell’interminabile storia dei Balcani e in quella più recente della politica estera europea. Il Kosovo ha deciso di andare con le sue gambe ma le serviranno anche quelle di qualche centinaio di doganieri, poliziotti e giudici europei. E quelle di 16 mila soldati NATO che continueranno a tentare di evitare che gli albanesi e i serbi si scannino a vicenda.
Il problema vero è che il Kosovo rischia seriamente il collasso prima ancora di nascere. I kosovari sono circa due milioni, ma non esiste un censo attendibile della popolazione—un handicap non indifferente quando si tratta di costruire uno stato praticamente dalle fondamenta. Si sa che il livello di disoccupazione sia altissimo, circa il 40% della popolazione. Solo il 10% delle donne kosovare ha un lavoro. E il Kosovo ha il più alto tasso di crescita demografica in Europa, che secondo il Financial Times si traduce in 30 mila giovani kosovari in più sul mercato del lavoro ogni anno.
L’Europa dovrà rimboccarsi le maniche e incrociare le dita, possibilmente in quest’ordine.