Nell'ultimo decennio pare dunque che si sia nascosto sotto falso nome, una barba 'Saddam-esca' e facendo un lavoro simile a quello che faceva prima di entrare in 'politica.' E proprio a Belgrado; quella Belgrado che lo aveva tanto maltrattato quando non era nessuno, poi pompato quando trucidava vittime inermi e ora protetto per un decennio.
Le modalita' e le circostanze dell'arresto di Radovan Karadzic, uno degli ultimi macellai della guerra nell'ex-Yugoslavia in liberta', sono fondamentali per misurarne le conseguenze. L'arresto e' importante, importantissimo: per la Serbia che vuole entrare in Europa, per la credibilita' della giustizia internazionale, per le famiglie delle vittime di stragi come quella di Srebrenica.
Decisivo, pero', ancora no: non per chisura delle ferite della guerra, che in Bosnia rimangono ancora aperte. E soprattutto non ancora per la transizione della Serbia. Ad un Karadzic che lavorava nascosto in una clinica di periferia sotto falso nome fa da contraltare un Mladic ancora in liberta', che probabilmente puo' godere di una protezione molto meglio organizzata (era un generale), e che ha responsabilita' materiali molto piu' pesanti.
Come dicono oltre-oceano: "the jury is still out." Io, nel frattempo, ne discuto stasera alla tv danese.