Wednesday, 14 November 2007

Baciamo le mani

Forse ispirato dagli ultimi arresti mafiosi, mi sono imposto la visione del Padrino di Coppola (3 film x 3 ore l'uno, in un weekend morto gli si fa). Tralascio lodi ai primi due film e cercherò di sorvolare sul terzo che, oltre al plot un po' forzato su P2, Vaticano e Roberto Calvi, soffre della recitazione strappalacrime (di dolore dello spettatore) di Sofia Coppola nei panni della figghia di Don Corleone.

Una delle cose che mi hanno colpito di più, questa volta, è la raffigurazione della realtà italo-americana. Multiforme e mutevole, e certamente mutata rispetto agli anni a cui il film fa riferimento. Ma non troppo diversa nei valori e costumi da quella, per esempio, raffigurata nei Sopranos, che è ambientato ai giorni nostri (a proposito, lo danno in Italia?).

Dopo qualche mese a zonzo per la East Coast mi sono effettivamente reso conto che la realtà dei film non è poi troppo stereotipata. Non mi riferisco qui ovviamente ai cittadini italiani che volente o nolente, hanno deciso di abitare qui, nè allo stereotipo della criminalità organizzata. Mi riferisco a quella comunità, numerosa, di cittadini americani che si è radicata in delle tradizioni ed abitudini italiane che in Italia non esistono quasi più.

Incidentalmente la cosa mi fa pensare agli immigrati in Europa. Fenomeno diverso, parallelo forzato, mi si dirà. Ma poi penso ai (3,7 milioni di) turchi che vivono in Germania e ai miei amici di Istanbul o Ankara. Penso ai rumeni in Italia e ai miei amici di Bucharest o Sibiu. E penso a tutti quei tedeschi ed italiani che oggi sputano sentenze inappellabili su Turchia e Romania.

Cronaca alla mano, non posso biasimarli. Ma credo ci sia una tendenza a sottostimare quanto l'immigrazione influenzi la percezione di un determinato paese.